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"262 vestiti appesi": un ricordo di Marcinelle

di Chiara Racalbuto (redazione web), Silvia Arecco, Sonia Giardina, Salvo Noto, Mauro Sodano e Marco Pirrello

La tragedia dei minatori di Marcinelle rivive nello spettacolo diretto da Alessandro Idonea. Una riflessione sulla dura vita dei migranti, sui loro sogni, sulla speranza di un'esistenza migliore distrutta dal disastro dell'8 agosto del '56. Una storia, in fondo, ancora attuale


Era un giorno d'estate a Marcinelle, di quelle estati belghe imprevedibili e mutevoli. La miniera di Bois du Cazier, la mattina dell'8 agosto del '56, brulicava dei suoi operai, che l'estate neppure la sentivano: tutte uguali le stagioni quando sei sotto terra, a spaccare le rocce e a tirar fuori il carbone. In 275, quella mattina, appesero i vestiti nel capannone esterno, indossarono le tute da lavoro e scesero giù, come sempre, fra i cunicoli sotterranei: solo 13 di loro faranno ritorno. Un incendio improvviso ne uccise 262, fra cui molti emigrati italiani. 262 morti, 262 vestiti rimasti lì, nel capannone, senza che nessuno venisse a riprenderli.

A più di 50 anni di distanza, le vittime di Marcinelle rivivono nello spettacolo 262 Vestiti appesi , una produzione dell'associazione teatrale "Angelo Musco" di Catania. Lo spettacolo, ideato e diretto da Alessandro Idonea su testo di Maria Elisa Corsaro e interpretato, oltre allo stesso Idonea, da Giorgia Boscarino, Andrea Balsamo e dal cantautore Mario Incudine, che ne ha composto anche le musiche, ripercorre i momenti drammatici della tragedia vissuti attraverso gli occhi di quei siciliani che la fame e la miseria avevano spinto fino in Belgio, a lavorare in miniera. «L'idea dello spettacolo è nata dopo aver sentito  Incudine recitare la poesia di Buttitta "Lu treno di lu suli" che racconta la storia di questi nostri migranti»,  spiega Idonea.  

Rappresentato con successo a Catania e in Belgio, nei luoghi originari del disastro, 262 Vestiti appesi è un omaggio alla memoria delle vittime e una riflessione sulla ciclicità della storia: «Oggi come allora - dichiara il regista - la disoccupazione, le morti bianche, l'immigrazione sono questioni urgenti e irrisolte». Cambiano gli scenari, ma il mondo, ancora adesso, è funestato da tante, troppe "Marcinelle".