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Traduzione e scarponi chiodati

di Zammù TV e redazione web

I docenti Ivano Dionigi, ordinario di Lingue e Letteratura latina, e Federico Condello, ordinario di Filologia classica, hanno tenuto una conferenza al liceo classico Spedalieri di Catania su "Tradurre oggi"




«Tradurre è una palestra fondamentale, formale e concettuale, unica e insostituibile per accedere ai fondamentali. Saper tradurre ci dà gli "scarponi chiodati" che servono per la lingua, ma anche per affrontare la vita». È stata ricca e infarcita di appelli ed esortazioni alle giovani menti dei liceali catanesi la conferenza che il prof. Ivano Dionigi, ordinario di Lingua e Letteratura latina ha tenuto martedì 20 marzo 2018 al liceo classico Spedalieri di Catania.

Insieme al professor Federico Condello, ordinario di Filologia greco-latina a Bologna, autore della traduzione dell’Edipo a Colono di Sofocle, in scena al Teatro Greco di Siracusa, Dionigi ha proposto agli studenti una riflessione dal titolo "Tradurre oggi".

«Fuori dal portone di questo liceo – ha osservato Dionigi - non ci sono rose e fiori ad attendervi, per questo vi occorrono gli strumenti adatti. E il tradurre è uno strumento scientifico per eccellenza: e non ve lo dice soltanto uno che vive di latino e greco; lo dicono fisici, genetisti, storici dell’arte… La traduzione è l’esercizio che in ambito umanistico più si accosta all’esperimento scientifico, fornendovi non solo conoscenze ma competenze».

«Il nostro latino e il nostro greco – ha premesso il docente - sono da molti anni sul banco degli imputati: vengono considerati "inutili", in un’epoca in cui c’è la ricerca del feticcio di ciò che è utile, e poi perché avrebbero lo sguardo rivolto all’indietro, conservatore, se non addirittura reazionario. Gli studi umanistici, invece, sono ben più che utili, hanno il domani nel sangue, sono orientati al futuro non meno delle scienze e delle tecnologie, e molte discipline moderne oggi fanno tesoro del "pensiero lungo" proprio degli studi classici. Non studiamo il greco o i latino per parlarli, ma perché ci forniscono i codici fondamentali per capire i testi».


Una lezione per spiegare cosa significa tradurre, in particolare a scuola. Questo l'argomento scelto dal prof. Condello, ordinario di Filologia classica all'Università di Bologna, per la sua lezione agli studenti del Liceo Spedalieri.

«A scuola e all'Università traduciamo sul serio?» È la domanda che si pone il docente in apertura del suo intervento. «Negli ultimi anni si è tanto discusso della seconda prova degli esami di Stato - ha affermato il docente bolognese -, ma non si è spesa una parola su cosa sia effettivamente il tradurre».

«Fare il traduttore è un mestiere immondo - ha continuato Condello -, richiede un'enorme fatica fisica e mentale: significa trovarsi di fronte a difficoltà a volte insormontabili; significa perdere giornate intere a cercare come rendere al meglio una singola parola. A scuola si fa una cosa diversa: la traduzione è una prova per noi docenti, per capire se gli studenti hanno capito le regole grammaticali di una lingua». Ma anche a tra i banchi di scuola, «tradurre - ha concluso il docente - deve essere un esercizio antidogmatico, un esercizio di pensiero in atto.