La spettacolarità del pianoforte di Jae Hong Park

Il pianista coreano ha acceso il Teatro Odeon di Catania con uno straordinario recital pianistico, inserito nella 47.ma Stagione Concertistica dell’Associazione Musicale Etnea

Damiano Nicotra

È trascorso più di un anno da quando Jae Hong Park ha trionfato al Concorso pianistico internazionale “Ferruccio Busoni” con la sua sfavillante interpretazione del Concerto per pianoforte e orchestra n.3 di Rachmaninov, ma l’eco del successo riscosso dal pianista coreano nel corso della prestigiosa competizione non si è ancora spenta.

Domenica 11 dicembre il musicista ha acceso il Cineteatro Odeon di Catania con uno straordinario recital pianistico, inserito nell’ambito della 47a Stagione Concertistica dell’Associazione Musicale Etnea. Park ha aperto con l’Arabeske Op.18 di Robert Schumann, deliziosa opera giovanile considerata “minore”, ma molto apprezzata dai pianisti per l’effervescenza della sua scrittura e la delicatezza del motivo centrale, perfettamente messe in evidenza dal tocco preciso ed efficace di Park.

Il programma è proseguito nel segno del primo Schumann, con la Sonata n.1Op.11, una sublimazione visionaria e poetica della forma-sonata, a metà fra la tradizione dell’architettura e la fantasia delle immagini, tradotta dal coreano in un equilibrio esemplare tra tecnica ed espressività. A seguire, il giovane pianista ha eseguito la Sonata n.3 op.23di Aleksandr Skrjabin, che nel corso dei suoi quattro movimenti racconta, a detta dello stesso compositore, molteplici vicissitudini interiori: sofferenza, lotta, piacere. 

Composta tra il 1897 e il 1898, la Sonata esprime infatti la collera del giovane Skrjabin nei confronti della moglie Vera Isakovic, che poco tempo dopo le nozze già rivelava un carattere incompatibile con quello del compositore. Si tratta insomma di un brano di notevole vigore descrittivo ed emotivo, che ha dato a Park l’occasione di sfoggiare la mimica facciale e il body language che contraddistinguono il suo modo di stare sul palco.

Infine, il pianista coreano ha regalato un’interpretazione brillante e sfaccettata del Preludio, Corale e Fuga di César Franck, di cui giusto il giorno prima si è celebrato il bicentenario dalla nascita. L’interpretazione raggiungeva vertici di passione ogni qualvolta il pianista ruotava la testa verso il pubblico, in maniera fulminea e quasi turbante, come a voler catturare lo spettatore e gettarlo dentro la sua musica con la forza del suo sguardo. 

Jae Hong Park è forse l’incarnazione del concetto di performance musicale come forma a sé di spettacolo: si tratta, insomma, di un musicista spettacolare da vedere, prima ancora che incantevole da ascoltare.