AntropologiaArcheologia / ArteBiotechChimicaDirittoEconomiaFilologiaFilosofiaFisica e AstronomiaInformaticaIngegneria / ArchitetturaLatinoLetteraturaLinguisticaManagementMatematicaMusicologiaPedagogiaPsicologiaScienze agrarieScienze ambientaliScienze biologicheScienze del farmacoScienze della TerraScienze e tecnologie alimentariScienze medicheScienze naturaliScienze politicheSociologiaStoriaStoria del cinema

Luperini, educare all'interpretazione per educare al dialogo

di Mariateresa Calabretta (redazione web) e Salvo Noto

Dall'interpretazione del testo letterario alla formazione del cittadino critico, l'utopia del docente d'italiano al centro della sesta lezione del prof. Romano Luperini


«C’è un’ambizione segreta nell'insegnante vero: trasformare in intellettuali i propri studenti, è una utopia e potrebbe far ridere questa pretesa, però il professore più appassionato è quello che vorrebbe che almeno alcuni dei suoi studenti diventassero capaci di ragionare sui testi, di mettere in gioco competenze diverse e quindi diventare anche loro intellettuali in nuce. Questo perché qualcuno che non si accontenti dell’utile e ponga la questione dei valori deve pure esistere, poiché nessuna società si regge solo sui valori del mercato».

La sesta lezione di Romano Luperini al Dipartimento di Scienze umanistiche è dedicata alla dialettica scrittura-lettura e commento-interpretazione: momenti fondativi dell’atto critico e dell’insegnamento che conducono l'azione didattica all'interno del circolo ermeneutico, un circolo virtuoso che unisce i lettori al testo nell'atto dell'interpretazione e del confronto tra le interpretazioni e fonda l'utopia di un docente di italiano "umile", cioè consapevole della parzialità e relatività del proprio discorso, lontano da ogni dogmatismo. «Il docente deve riuscire a trasmettere agli studenti una lezione di umiltà che significa consapevolezza, io porto avanti il mio discorso pur sapendo che parziale e poi sarà superato, però oggi entrando nel conflitto delle interpretazioni contribuisco alla formazione delle verità sociali».

Ogni insegnate deve coltivare in sé l'utopia che esista un mondo fatto da una comunità di interpretanti e di dialoganti, che impara ad essere tale in una classe, che dalla classe si può estendere alla nazione e da qui al pianeta, «è possibile insegnare senza un'utopia, io credo di no. Perché l’educare, presuppone che ci sia un obiettivo da perseguire: formare un cittadino, umile rispettoso delle libertà altrui ma deciso a sostenere la propria interpretazione. Un cittadino critico che partecipa ad una civiltà del dialogo e non della sopraffazione».


Vedi anche