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Luperini, insegnare letteratura al tempo della crisi di autorità delle agenzie educative

di Mariateresa Calabretta (redazione web) e Salvo Noto

Imparare ad interpretare i testi per imparare ad interpretare la vita: la prima lezione di Romano Luperini agli studenti del corso di laurea magistrale in Filologia moderna


Un affollato Auditorium, al Monastero dei Benedettini di Catania, ha accolto con partecipato interesse, lo scorso 15 ottobre, la prima lezione di Didattica della Letteraturatenuta dal prof. Romano Luperini, rivolta agli studenti del corso di laurea magistrale in Filologia moderna del Dipartimento di Scienze umanistiche.

Ritornato dietro la cattedra, dopo una pausa forzata, il prof. Luperini ha esordito con una rinnovata dichiarazione d’amore rivolta all’insegnamento e ai giovani, che con il loro dinamismo spontaneo e originale rendono viva la dialettica insegnamento-apprendimento trasformandola in un rapporto di reciproco scambio e arricchimento.

Riflessioni preliminari #1 | Insegnare letteratura al tempo della crisi di autorità delle agenzie educative

La lezione è stata un preludio, una premessa indispensabile, secondo Luperini, per spiegare l’ ordine dei valori entro cui si tiene il corso che approfondirà nelle lezioni successive il rapporto fra teoria della letteratura e didattica della letteratura, passando attraverso il problema del canone, la storiografia letteraria, il commento, l'interpretazione e l'insegnamento per temi. Per rispondere, infine, alle domande sulla funzione della letteratura e del suo insegnamento e giungere alla visione della classe come comunità ermeneutica e addestramento alla democrazia. Per contestualizzare meglio il dibattito sopra la didattica della letteratura il prof. Luperini ha mosso la sua riflessione da una disamina più generale sullo stato di salute delle agenzie educative oggi e sulla mutata condizione dell’alunno, passato dall'essere cittadino a consumatore, secondo quel nuovo status ontologico che Bauman ha riassunto nell'espressione consumo dunque sono.  «Le vecchie agenzie educative hanno perso autorità, ci sono stati episodi di aggressione sugli insegnanti. Un tempo la scuola serviva, e tutt’oggi dovrebbe servire, a creare un cittadino. Oggi tende a creare dei produttori o dei consumatori che perseguono dei valori pratici economici, edonistici, egoistici. Il mercato si è impossessato della trasmissione della cultura».

Una crisi figlia della crisi dell’umanesimo che, complice il mutato modo di sentire e di stare al mondo veicolato dai nuovi media, ha creato una condizione recentemente definita narci-cinismo. «La comunicazione audiovisiva multimediale e gli strumenti di comunicazione di massa, hanno diffuso un sensorio profondamente diverso da quello di chi scriveva. Il linguaggio dei social è un linguaggio ingenuo, primitivo, aggressivo, viscerale, prerazionale, dove conta solo un messaggio “io esisto”. Io esisto e, quindi, posso trattare male tutti gli altri. Siamo diventati tutti narcisisti e anche cinici per cui il narci-cinismo è il fenomeno di massa dei nostri anni e non ha nulla in comune con la letteratura. Viviamo in un’epoca storica in cui domina l’orizzonte del presente, il passato non interessa più, ma non interessa nemmeno il futuro». Una società basata sull’eterno presente non ha nulla da insegnare e nulla da imparare. Affinché, invece, vi sia una possibilità del futuro occorre, ribadisce Luperini, trovare nel passato una linea da riprendere, svolgere, cambiare e portare verso il futuro.  Il compito di effettuare questa mediazione spetta, secondo Luperini all'educazione. «L’educazione è trasmettere un’eredità che viene dal passato e tende al futuro, nessuna internet può sostituire il maestro, perché non sono le nozioni che educano ma è il modo con cui vengono impartite. L’insegnante è il mediatore, media la tradizione, media tra passato e futuro».

In questa dinamica di mediazione il compito del maestro, del docente, trova senso nel momento in cui si rivolge verso l’orizzonte più autentico dell’uomo, che è l’orizzonte interpretativo ed è in questo orizzonte che il docente di letteratura, colui che educa all'interpretazione dei testi, assume un ruolo di grande responsabilità nell'educazione autentica che è, anche, educazione alla democrazia.

Riflessioni preliminari #2 | L’educazione letteraria negli ultimi vent’anni: il primato dell'interpretazione

«L'uomo non può vivere senza interpretare, cerca di interpretare la propria vita. Interpretare è dare senso. Lo scopo dell'educazione è dare senso alla vita, e dando senso ad un testo si impara a dare senso alla vita. Un testo è complicato, stratificato ha vari sensi così come il mondo. L'incontro con un testo è come l'incontro con una persona umana, il testo sta lì nella sua differenza e noi dobbiamo cercare di interpretarlo cioè di capirlo e la nostra interpretazione è responsabile perché noi costruiamo la verità del mondo attraverso l'interpretazione». Tra il guardare il mondo in maniera dogmatica o nichilista c'è, quindi, una terza via quella dell'interpretazione corretta dei testi e del conflitto legittimo delle interpretazioni che si apre sopra un testo, da qui il profondo «nesso fra democrazia e interpretazione, allenando all'interpretazione libera si allena alla democrazia che è parlare con competenza liberamente di tutto. C'è un rapporto tra l'interpretazione di un testo in una classe dove ognuno vede aspetti diversi di quel testo e la democrazia. Perché lo studente deve argomentare e l'altro dovrà fare lo stesso. Interpretare un testo è allenamento alla democrazia. Se si vuol creare dei cittadini e non dei produttori bisogna educarli alla discussione e all'argomentazione e l'interpretazione dei testi si presta moltissimo a questo, ad argomentare e ad assumersi la responsabilità della propria interpretazione un testo».


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