Propaganda Lampedusa: tra immaginario audiovisivo e narrazioni ideologiche

Presentato al Monastero dei Benedettini il volume di Alessandro De Filippo che affronta il rapporto fra Lampedusa, le immagini e l’immaginario collettivo

Alessandro Di Costa

Giovedì 15 dicembre, all'interno del bookshop di Officine Culturali del Monastero dei Benedettini, si è tenuta la presentazione di "Propaganda Lampedusa: tra immaginario audiovisivo e narrazioni ideologiche" (Euno Edizioni), nuovo libro di Alessandro De Filippo, docente di Tecnica della rappresentazione audiovisiva presso il Dipartimento di Scienze Umanistiche (pubblicazione sostenuta anche dal gruppo del progetto di ricerca dell’Università di Catania Piaceri, MigrAIRe).

Geograficamente più vicina all’Africa che all’Europa, Lampedusa è da tempo terreno di scontro tra narrazioni ideologiche contrapposte, che vengono spesso assorbite dal pubblico in maniera acritica. Ogni racconto audiovisivo che ne deriva entra a far parte di un universo di storie e pratiche quasi "immediate" e "‘semplici" in apparenza, come il cibo preconfezionato dei fast-food, sedimentandosi nell’immaginario collettivo.

Dalle produzioni recuperate nello studio emerge come negli ultimi due decenni l’isola sia diventata epicentro della propaganda politica in tema di immigrazione, dove la complessità del reale lascia il posto a slogan elettorali e lancio di hashtag.

Il volume offre una panoramica sulle narrazioni che hanno segnato l’immaginario del luogo, passando in rassegna prodotti eterogenei e provenienti da diversi Paesi, che spaziano dalle piattaforme web alla televisione, dalla fiction al cinema documentario. Il linguaggio audiovisivo svolge un ruolo importante nello storytelling su Lampedusa, grazie all’intrinseca capacità di raccogliere frammenti di mondo, per poi riorganizzarli e riproporli sotto forma di discorso, dal quale però emerge una rappresentazione che è – per la sua stessa costruzione – diversa dalla realtà che si cerca di raccontare.

«Mille fotografie di Parigi non sono Parigi» scriveva Bergson, così come l’immagine che viene proposta di Lampedusa non è l’isola, ma qualcosa che assume un significato diverso: porta d’Europa e avamposto dell’accoglienza per alcuni, confine da difendere dall’invasione per altri. Lampedusa diventa così un simbolo, un brand sfruttabile dai diversi schieramenti politici o ideologici, a discapito di residenti e migranti, da troppo tempo ridotti in una condizione di silenzio.

Il saggio prende le mosse e ritorna sulla difficoltà, andando oltre la contingenza storica a partire dagli studi sull’audiovisivo, di aggirare la contrapposizione tra realtà del mondo e illusione prodotta dalle immagini. Per superare l’impasse, l’autore conclude che non sia possibile scegliere l’una o l’altra, come fossero le celebri pillole del film Matrix, ma si rende necessaria una sintesi «tra la pillola blu, della realtà inconoscibile, e il nichilismo della pillola rossa, con cui si rifiuta ogni tentativo di rappresentazione». Ecco allora che l’obiettivo di ogni ricerca audiovisiva non può essere la realtà che si nasconde dietro lo schermo ma quella creata dallo stesso.